Gli stupri denunciati ogni anno in Italia sono oltre 4.000, nel 2020 hanno raggiunto quota 4.383. In otto casi su dieci avvengono da persone conosciute. Dopo anni di indignazione, a luglio 2019 viene approvata la legge «Codice Rosso», che aumenta le pene per tutti i reati di violenza sulle donne; quello che riguarda la violenza sessuale viene punito con la reclusione da 6 a 12 anni, contro i 5-10 precedenti. E quella di gruppo passa dai 6- 12 anni da un minimo di 8 ad un massimo di 14.
La Suprema Corte dice: «Il dissenso è da presumersi, laddove non sussistano indici chiari ed univoci volti a dimostrare l’esistenza di un, sia pur tacito ma in ogni caso inequivoco, consenso» (n. 42118/2019). Il pianto di una ragazza, per esempio, indica un dissenso presunto (n. 42118/2019), come pure il fatto che non abbia reagito perché prima è stata minacciata o picchiata (n. 10384/2020), se è dormiente (n. 22127/2016); oppure ubriaca o sotto l’effetto di stupefacenti e dunque in condizioni di inferiorità psichica che le impediscono di scegliere liberamente in un senso oppure nell’altro (n. 16046/2018).
È dunque molto rischioso avere un rapporto sessuale con una donna che ha alzato il gomito o fatto uso di droghe. Se ha bevuto o assunto sostanze volontariamente non c’è nessuna aggravante per il presunto violentatore, ma quando realizza l’accaduto può andare dai carabinieri e sporgere denuncia (n. 10596/2020)
La questione cambia se, invece, l’hai fatta ubriacare o drogata per approfittarne, in questo caso la pena può passare dagli 8 ai 16 anni perché la condanna viene aggravata di un terzo. E cosa succede se lo stupratore è a sua volta ubriaco? Viene applicato l’articolo 92 del Codice penale: «L’ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità».
Non puoi pensare di cavartela dicendo «ma dopo si è fatta accompagnare a casa». Il fatto che la ragazza si sia fatta dare un passaggio dopo il rapporto sessuale non va ad incidere sulla sua attendibilità (n. 5512/2020). Non vale scusarsi dicendo: «Mi sono sbagliato credevo che ci stesse» (n.49597/2016). Come non serve sostenere «Se ci fosse stata violenza mi avrebbe denunciato subito, invece sono passati dieci giorni», perché possono servire mesi per rielaborare e trovare il coraggio di recarsi da un pubblico ufficiale (n.14917/2019). Infatti, la legge «Codice Rosso» ha aumentato da 6 mesi ad un anno il tempo utile per presentare querela.
Il consenso deve andare dall’inizio alla fine: se la ragazza si lascia bendare, legare, o accetta altre pratiche estreme, ma poi cambia idea, tu ti devi fermare (n.3158/2019).
L’abuso di autorità è un’aggravante, e per la Suprema Corte è da intendersi in senso ampio (n. 27326/2020): vale non solo in caso di forze dell’ordine o figure istituzionali, ma anche per un datore di lavoro che ha un rapporto sessuale non consenziente con una dipendente, o di un insegnante nei confronti di una alunna.
Violenza di gruppo. È prevista l’attenuante se l’opera di uno dei partecipanti ha avuto «minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato» (art. 609-octies). Non c’è l’attenuante se tu non hai compiuto l’atto sessuale, ma sei stato compartecipe «atteso che la determinazione di quest’ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo» (n. 29096/2020). È così se il fatto avviene in casa tua alla tua presenza (n. 29406/2019), hai partecipato all’organizzazione (n. 31619/2019), sei stato spettatore senza intervenire oppure hai filmato l’abuso sessuale (n. 16037/2018).
Può bastare anche solo la testimonianza della donna (n. 29725/2013). Ma siccome la sussistenza di un ragionevole dubbio impedisce la condanna, la sua credibilità è fondamentale, e può essere messa alla prova da domande scomode e dolorose.
Il giudice, però, ha facoltà di decidere quali domande ammettere e quali no. Esempi di domande ammesse durante il processo: prima di avere il rapporto sessuale vi siete scambiati effusioni consensuali e reciproche? C’è stata violenza sulle mascelle per farti aprire la bocca? Aveva bevuto? Domande non ammesse: «È la prima volta che è stata violentata nella sua vita?», «Gli ha mai detto che voleva fare sesso con lui?», «Indossava pantaloni quella sera?».
A tal proposito val la pena di sottolineare l’evoluzione della sensibilità dei giudici nel tempo: nel 1998 la Cassazione aveva ritenuto che ci fosse il consenso della donna al rapporto sessuale perché, al momento dell’amplesso, aveva dei jeans, ritenuti impossibili da sfilare senza la collaborazione di chi li indossa (n. 1636/1998).
Certo, chiunque può mentire. Per esempio, una giovane ragazza potrebbe inventarsi una parte del racconto per giustificarsi con la madre, che al rientro a casa l’ha sgridata vedendola ubriaca. Per valutarne l’attendibilità la Suprema Corte (n.15683/2019) determinante innanzitutto la linearità e la spontaneità del racconto: ti dico quel che mi ricordo, ma ammetto anche quel che non mi ricordo perché sotto l’effetto di alcol o droga (per esempio, non mi ricordo se il rapporto sessuale è iniziato in modo consenziente, ma sono certa che gli ho chiesto di fermarsi).
Vale, poi, il riscontro della testimonianza nelle cartelle cliniche che possono indicare la presenza di lividi o di ferite nelle parti intime, ritenuti segni di un rapporto sessuale energico e, se ci sono, possibili testimoni. Rispondere dopo ad un sms non significa che ci fosse accordo sul rapporto sessuale. Ed è ininfluente l’aspetto fisico: in un processo la difesa sosteneva che la ragazza non piaceva agli stupratori, perché presentava un aspetto mascolino tanto che questi l’avevano salvata in rubrica come «BEKA VIKINGO». Ma non è bastato ad impedire ai giudici di optare per la sussistenza della violenza sessuale.
I tempi del processo purtroppo non arrivano mai a punire in tempi ragionevoli, in media si va dai 2 anni e mezzo per una sentenza di primo grado, a quasi sei per quella di secondo grado. Dai dati Istat: stupratori e vittime si riscontrano in tutte le fasce di età, ma il 40% delle donne violentate ha tra i 14 e i 24 anni. Fra i presunti violentatori, il 36% ha un’età compresa fra i 18 e i 34 anni. Il grosso dei numeri, quindi, riguarda proprio i giovanissimi.
Tratto da Dada Room di Milena Gabanelli