L’ordine venne da Heinrich Himmler nel 1942: istituire bordelli nei campi di concentramento nazisti.
Destinati non agli ufficiali delle SS (che già godevano di altri svaghi), ma ai prigionieri.
Un “premio”, questa fu l’idea copiata dai gulag di Stalin che potesse incrementare la loro “produttività”. Tra il 1942 e il 1945 furono così creati dieci bordelli: anche ad Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Neuengamme, Buchenwald.
“Das Bordell Kz” è il primo studio riguardante questa ennesima atrocità realizzato da Robert Sommer, 35enne ricercatore cresciuto nella Germania dell’ Est. Qualcosa era già emerso, soprattutto nei primi anni dopo la guerra, quando i “bordelli”, le “forzate della prostituzione” comparirono in alcune memorie dei sopravvissuti.
Ma è negli anni Cinquanta, quando l’esperienza dell’Olocausto in Germania cominciò a sedimentarsi in forme di memoria condivisa – afferma lo storico Hartmut Böhme – che le “schiave del sesso” restarono fuori dal canone delle “vittime” ufficiali.
Furono donne dimenticate. Come successe alle decine di migliaia di berlinesi stuprate dai sovietici nell’aprile/giugno 1945, rimosse per fastidio e vergogna dalla coscienza collettiva. Sommer ha esaminato documenti in Germania, Austria, Polonia, Stati Uniti. Ha cercato le donne, ne ha trovate alcune, ma pochissime hanno accettato di raccontare.
Durante la guerra, erano almeno duecento. Auschwitz arrivò a “impiegarne” 21.
Non erano ebree, ma tedesche “asociali”, slave, rom. Dalla “ricompensa” gli ebrei erano esclusi, il “piacere” era riservato a detenuti politici, prigionieri di guerra, kapò, ovvero, a quelli che agli occhi delle SS era “l’élite del lager”.
Gli “accoppiamenti” venivano decisi su base razziale, slavi con slavi, tedeschi con tedeschi.
“Per quanto assurdo possa sembrare – afferma Sommer – i bordelli facevano parte integrante dell’ideologia razziale hitleriana. Applicavano con coerenza anche le sperimentazioni mediche, gli aborti forzati, le manie igieniste dei nazisti”. Le ragazze, di norma, venivano reclutate nella prigione femminile di Ravensbrück, età media 23 anni. Quelle selezionate venivano nutrite, visitate dai medici, “ricostruite”.
Taglio di capelli e ritorno agli abiti civili. Ad Auschwitz oltre alle camicette (proprie) ricevevano in dotazione anche corte gonne di lino bianco. Spesso veniva loro promessa la libertà dopo sei mesi, ma questo non avveniva mai. Vivevano nei Sonderbauten, speciali baracche con acqua calda e bidet. Ricevevano anche cibi migliori, frutta, e una porzione di carne quasi ogni giorno. Tutto nei Sonderbauten veniva regolato da una rigida burocrazia.
Le visite avvenivano la sera durante la settimana, solo la domenica tutto il giorno. I detenuti prima d’incontrare le ragazze dovevano farsi il bagno, la stanza d’attesa era una sala medica, dove venivano periodicamente esaminate.