Ogni anno 12 milioni di ragazze vengono sposate all’età di 18 anni.
L’Italia è dalla parte delle spose bambine: vittime di una violazione dei diritti umani che ne limita l’istruzione delle giovanissime donne e provoca danni alla loro salute fisica e emotiva.
I matrimoni precoci e spesso forzati trovano profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini, in stereotipi e leggi che rispecchiano l’idea che la donna debba ricoprire un ruolo sociale e familiare subalterno, regolato da modelli patriarcali, sul consenso al controllo sociale sul corpo e sulle scelte sessuali delle donne.
Nel 2015, con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, gli Stati membri si sono impegnati a porre fine a questa pratica. Se non si moltiplicano gli sforzi, entro il 2030 si sposeranno 150 milioni di ragazze in più, rischiando di ostacolare la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dei paesi di tutto il mondo.
Girls Not Brides, una rete che riunisce più di 1200 organizzazioni della società civile di oltre 100 paesi e di cui Mete Onlus fa parte (già da 4 anni), in un appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite sottolinea la necessità che, in occasione del vertice di New York sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile, gli Stati membri si impegnino concretamente per affrontare il matrimonio infantile.
Infographic credit: World Bank and International Center for Research on Women.