Giorgia Butera, Presidente della Comunità Internazionale “Sono Bambina, Non Una Sposa” e Presidente Mete Onlus, da anni impegnata nella tutela delle spose bambine, e di chi è vittima di matrimoni precoci e forzati, esprime totale condanna verso la sentenza del Tribunale pakistano che vede assolti il padre, lo zio e il fratello della ragazza italo-pakistana cresciuta a Brescia e uccisa nel 2018 dopo che aveva rifiutato le nozze forzate con un connazionale.
“Da anni, chiediamo allo Stato italiano, ed al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite di Ginevra, che avvenga una legiferazione a tutela di chi è vittima di matrimoni forzati. Il fenomeno appartiene, anche all’Italia. Noi riceviamo diverse richieste di aiuto, nel tempo abbiamo acquisito competenza ed esperienza, e siamo in grado di aiutare queste giovani donne, ma il vuoto legislativo rischia di rendere vano ogni sforzo”, afferma Giorgia Butera.
I matrimoni precoci e spesso forzati trovano profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini, in stereotipi e leggi che rispecchiano l’idea che la donna debba ricoprire un ruolo sociale e familiare subalterno, regolato da modelli patriarcali, sul consenso al controllo sociale sul corpo e sulle scelte sessuali delle donne.
Il terribile caso di Sana, mette in evidenza la spaccatura fra molte giovani che vivono in occidente e le loro famiglie sul tema dell’integrazione.
“Siamo fiduciose che l’ennesimo caso induca anche il nostro Governo ad intervenire giuridicamente in merito”, conclude la Butera.
“Sono Bambina, Non Una Sposa” ribadisce il proprio messaggio: “Stop Spose Bambine. Stop Matrimoni Precoci e Forzati. La scelta di contrarre matrimonio o qualunque forma di unione sentimentale-sessuale, deve appartenere al libero arbitrio, frutto di libertà personale”.