Una storia terribile che vede donne vittime di vecchie leggende, prigioniere di un collare che, agli occhi dei loro uomini le rende più belle ed attraenti, e fa di loro una attrazione turistica. Un mezzo per far arrivare nelle casse del Paese un po’ di denaro.
Siamo in Thailandia, dove le donne si presentano con una caratteristica unica al mondo, venendo chiamate: donne giraffa.
Sono donne fuggite dal Myanmar e dal regime militare che aveva tolto loro ogni libertà; donne che continuano ad essere delle prigioniere, e non perchè rinchiuse in delle carceri.
Vivono costantemente in una prigione di ottone, infatti, il loro collo sin da bambine è stretto da anelli.
Sono state soprannominate donne giraffa perchè il collare che portano causa uno slittamento della clavicola, rendendo così il loro collo molto lungo, proprio come quello delle giraffe.
Questi anelli devono essere indossati a vita perchè se li togliessero, la loro testa non sarebbe in grado di reggersi sul collo, provocando così il loro soffocamento, e di conseguenza, la morte.
Vivono in quartieri-ghetto, e vengono esposte al pubblico di turisti che affollano quella zona, giunti lì solo per ammirarle e fotografarle, come se fossero dei fenomeni da circo, o peggio, degli animali.
La ragione per cui queste donne sin dall’età di 5 anni indossano il collare, al quale si aggiunge un anello ogni 2 anni, è da ritrovare in una storia del passato: pare che gli spiriti della Tribù dei Karen avessero aizzato le tigri contro le donne della Tribù dei Padaung e così i loro uomini, su suggerimento di un vecchio saggio, decisero di proteggere le loro donne con dei grossi anelli da portare al collo per evitare di essere morse dai felini.
In Foto, Irene, grande amica e sostenitrice di Mete Onlus a Changmai.