Si celebra, oggi 28 maggio, la Giornata Internazionale per l’Igiene Mestruale.
Se in una parte del Mondo l’arrivo della prima mestruazione è un evento da festeggiare con la famiglia perché segno tangibile di un processo naturale, l’ingresso in un’età nuova da scoprire ed anche dell’amore, in altri paesi quel colore rosso che spontaneamente segna l’ingresso nella vita matura di una donna può significare discriminazione.
In quei giorni, in alcune zone del Mondo, la donna mestruata è considerata sporca, impura, intoccabile e in ragione di ciò viene bandita dai luoghi sacri, dalla cucina, dall’intera casa se non addirittura rinchiusa nei recinti degli animali.
In molte regioni dell’India e dell’Africa, ad esempio, quel sangue rappresenta qualcosa di sporco, di “malato”. Non è inusuale che, soprattutto le ragazze più giovani e fragili, arrivano persino a togliersi la vita per il timore di aver contratto una malattia mortale.
La stessa discriminazione colpisce molti dei campi profughi, degli slum o delle zone rurali dei paesi meno sviluppati dove, per poter tamponare il simbolo del peccato e della colpa, molte donne possono usare soltanto una manciata di paglia, qualche pagina di giornale, alcune foglie, la segatura, della sabbia, persino la cenere o addirittura il fango. Molte di loro sono condannate a infezioni che, a lungo termine se non curate, così come usualmente accade, sono motivo di sterilità.
Lì, proprio in quelle società ove perdere la salute riproduttiva significa amplificare lo stigma e la discriminazione che connotano già la figura femminile, ora considerata anche incapace di creare e meritarsi una famiglia.
Un vero tabù quello attorno alle mestruazioni e all’igiene mestruale. Paradossale se si pensa alla libertà con cui si parla di sessualità e aborto.
Nel silenzio e nell’occultamento le mestruazioni da nascondere diventano più dolorose e, se nella cultura occidentale si nasconde in fondo alla borsetta l’assorbente da cambiare o ci si imbarazza se in ufficio ci si macchia i pantaloni, in altre aree, dove le mestruazioni vengono di fatto negate, oltre al disagio e ai problemi di salute è anche più duro il risvolto sociale. La mancanza di adeguate infrastrutture costringono, infatti, le ragazze a saltare la scuola, a perdere i contatti con il mondo esterno e a doversi accontentare dei lavori più umili.
Ecco che parlare liberamente delle mestruazioni e del corpo della donna può significare liberarla dalla sottomissione alla famiglia o al compagno, dalla debolezza e dal mancato controllo della propria vita, verso un traguardo di una, almeno parziale, indipendenza.
Perché le mestruazioni non siano una vergogna.Valentina VivonaPsicologa SPRARCCD Mete Onlus